Cassazione Penale – sentenza n. 15186 del 5 aprile 2018- Il principio di autoresponsabilità del lavoratore

Il “principio di autoresponsabilità” del lavoratore non trova applicazione se manca il completo adempimento, da parte del DL, di ogni obbligo di sicurezza

Con sentenza del 9/2/2016, la Corte di appello di Catania confermava la pronuncia emessa dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Belpasso, quanto alla declaratoria di penale responsabilità di DF.A., in ordine al reato di lesioni colpose gravi, derivate da violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, del dipendente B.N.. La Corte territoriale, riformava la sentenza di primo grado limitatamente al trattamento sanzionatorio, riducendo la pena inflitta all’imputato, in quella di mesi quattro di reclusione. Confermava la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio, nonché, la condanna al pagamento di una provvisionale dell’importo di euro 25 mila, cui era subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena.La vicenda attiene ad un infortunio avvenuto in Belpasso, in data 1/10/2008, in seguito al quale l’operaio B.N. riportava un trauma toracico e vertebra midollare, da cui derivava un pericolo di vita ed una incapacità di attendere alle normali occupazioni per oltre 40 giorni. L’operaio, che aveva la qualifica di autista e palista presso la cava da frantumazione “D. I”, di cui il ricorrente era amministratore, mentre era intento a manovrare la pala meccanica, avendo scorto sul nastro trasportatore dell’impianto di frantumazione un oggetto in ferro, salito sulla piattaforma (tramite la scala a gradini) per rimuoverlo, al fine di non danneggiare il macchinario perdeva l’equilibrio e precipitava a terra dalla suddetta piattaforma posta ad un’altezza di circa un metro e mezzo, precipitando all’interno di un fossato profondo circa un metro.

Al titolare della ditta “D- I.”, datore di lavoro di B.N. , era contestato di avere cagionato le suddette lesioni al dipendente, per colpa specifica, consistita nella violazione degli arti. 36 co. 1 e 2 e 37 co 1, d.lgs. 81/2008, non provvedendo a fornire all’operaio un’adeguata informazione e formazione sui rischi per la salute e la sicurezza connessi all’attività d’impresa, ai rischi riferiti alle mansioni ed ai possibili danni caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda, nonché, sulle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione; degli artt.18, co. 1 lett. d) e 111 co. 2, d.lgs. 81/08, non provvedendo a fornire al B.N. i necessari ed idonei dispositivi di protezione individuali contro le cadute dall’alto, né a garantire il passaggio a piattaforme, impalcati e passerelle; dell’art. 18, co. 1 lett. c), che prevede l’affidamento dei compiti ai lavoratori in rapporto alla loro salute e sicurezza, tenuto conto delle capacità e delle condizioni personali del lavoratore.

  1. Avverso la pronuncia di condanna proponeva ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, affidando le proprie deduzioni a due motivi di ricorso

Primo motivo: travisamento della prova; mancanza ed illogicità della motivazione; violazione di legge in relazione alla individuazione delle condotte e dei profili di colpa attribuiti all’imputato; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione agli artt. 521 e 522, cod. proc. pen.

Secondo la prospettazione difensiva, la Corte di appello ed il Tribunale non avrebbero adeguatamente considerato tutto il materiale probatorio acquisito in atti. Pertanto, non sarebbero pervenuti ad una corretta e completa valutazione del caso in esame. Non avrebbero valutato la sussistenza della violazione delle norme contestate e del nesso causale tra queste e l’infortunio occorso al lavoratore. L’affermazione della responsabilità dell’imputato in ordine alle violazioni contestate, muoverebbe da un errato presupposto di fatto, dando per certo che il lavoratore fosse salito sul nastro trasportatore del frantoio mobile, per rimuovere un pezzo di metallo che impediva il corretto funzionamento del macchinario, in base ad una “prassi consolidata” di lavoro. I giudici di merito avrebbero ritenuto provato che tutti i dipendenti erano, all’occorrenza, impiegati anche in lavori di manutenzione degli impianti, indipendentemente dalla loro formazione. In base a tale assunto la Corte di appello avrebbe individuato la responsabilità del datore di lavoro, nella mancata formazione ed informazione del lavoratore sulle procedure da attuarsi in tali casi e nella mancata dotazione degli strumenti di protezione in relazione a tali incombenze.

Secondo l’assunto difensivo, tali presupposti di fatto erano censurabili, emergendo dalle risultanze probatorie circostanze diverse da quelle ritenute dai giudici di merito.

Il datore di lavoro aveva dato precise disposizioni aziendali, note a tutti i lavoratori, che in caso di guasto del macchinario l’operatore avrebbe dovuto spegnere il macchinario, avvertire il capocantiere e chiamare il manutentore. Aveva pure stabilito che mai il lavoratore avrebbe dovuto “arrampicarsi” sul rullo del frantoio mobile, come invece è avvenuto. In ordine a questo aspetto, sul macchinario era esplicitamente indicato in forma scritta di non salire su quell’area del mezzo, scavalcando le paratie di protezione. Infine, l’obbligo di formazione e informazione era stato correttamente assolto attraverso l’organizzazione periodica di corsi specifici. Tali elementi erano emersi dalle dichiarazioni dei testi L.S., M.F. e R.F., tutti sentiti all’udienza 1.12.2011 (come da allegato). Il primo, capo cantiere della I. dal 1999, ha dichiarato di avere sempre dato disposizioni, anche allo stesso B.N., di essere immediatamente avvertito in casi del genere, affinchè si procedesse a chiamare l’addetto alla manutenzione (M.F.). Il teste ha anche riferito che era assolutamente vietato salire sul nastro trasportatore del frantoio mobile, come invece aveva fatto l’operaio e che, a tal fine, vi erano alcuni adesivi di avvertimento apposti in modo ben visibile sul macchinario, fra cui quello di non salire sul braccio mobile e che non era possibile accedere sul nastro trasportatore per la presenza di “ostacoli” da “saltare”. Il teste M.F. ha confermato di essere l’addetto alla manutenzione dei mezzi della ditta I- e che, in caso di guasto o blocco del mezzo, la prassi era quella di avvisarlo per l’intervento sul luogo. Il teste R.F., consulente della I. in materia di sicurezza e prevenzione sul posto di lavoro, ha riferito di avere organizzato, nel corso degli anni, numerosi incontri per la formazione dei dipendenti e di avere sempre raccomandato ai lavoratori di attenersi alle proprie mansioni. Egli ha poi confermato che, in caso di guasto, la direttiva impartita dall’azienda era quella di chiamare il manutentore.sentenza n. 15186 del 5 aprile 2018- Il principio di autoresponsabilità del lavoratore non trova applicazione se manca il completo adempimento da parte del DL, di ogni obbligo di sicurezza…. Continua a leggere    Fonte: Corte di Cassazione

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