Cassazione Penale sentenza n. 29291 del 26 giugno 2018 – Sicurezza dei cantieri mobili, incidente mortale sulla strada provinciale.

Cassazione Penale – Sicurezza dei cantieri mobili, incidente mortale sulla strada provinciale.La Corte di appello di Napoli il 14 gennaio 2015 (sentenza depositata il 14 aprile 2015; atti pervenuti alla S.C. l’11 luglio 2017), per quanto in questa sede rileva, ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 19 marzo 2013 con la quale A.V. è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio colposo di G.M., fatto commesso il 19 luglio 2008, con violazione della disciplina di cui al regolamento di attuazione del codice della strada e delle norme in materia di sicurezza dei cantieri mobili, e, per l’effetto, è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Giudici di merito hanno così ricostruito i fatti.

La notte tra il 18 ed il 19 luglio 2008 A.A., conducendo una Renault Clio ad una velocità di gran lunga superiore al limite consentito (non meno di 108 km orari rispetto ad un limite di 30 km orari) lungo una strada provinciale, a doppio senso di marcia, sulla quale erano in corso lavori di allargamento della sede stradale segnalati da cartelli e da strisce gialle a terra, prima sorpassava un’auto, condotta da M.M., che procedeva a circa 50-60 km orari, poi rientrava e, in un tratto rettilineo, si trovava di fronte, al centro della carreggiata, un segnale che indicava una buca (corrispondente al tombino da riparare sul quale erano in corso lavori autonomi rispetto a quelli per l’allargamento della carreggiata), costituente un piccolo cantiere che era segnalato solo da quattro paletti infissi a terra attorno alle quali era stato appeso un nastro di colore bianco rosso e, anziché sfilare a destra lasciandosi l’ostacolo a sinistra, si dirigeva verso sinistra invadendo l’opposta corsia di marcia e andando a collidere frontalmente con una Fiat Panda, la cui conducente, G.M., decedeva poco dopo in ragione della gravi lesioni riportate nel violentissimo impatto.

Il conducente la Renault Clio veniva condannato all’esito del giudizio o abbreviato.

A.V. era rinviato a giudizio, in veste di titolare – legale rappresentante – e di responsabile per la sicurezza della ditta “F.lli A.V. – perforazioni”, ditta esecutrice dei lavori di riparazione della condotta idrica che erano in corso sulla strada provinciale in questione, per omicidio colposo con violazione della disciplina di cui al regolamento di attuazione del codice della strada e delle norme in materia di sicurezza dei cantieri mobili su strada, per non avere segnalato o curato che venissero segnalati i lavori con le modalità fissate dalla normativa vigente all’epoca, e veniva condannato nel doppio grado di merito.

I Giudici di merito hanno dato atto che la costituzione di parte civile doveva intendersi revocata per essere stata promossa azione dinanzi al Giudice civile (v. infatti p. 3 della sentenza impugna e pp. 3-4 di quella del Tribunale).Ricorre tempestivamente per la cassazione della A.V., tramite difensore, che si affida ad un unico motivo, con il quale denunzia “mancanza di motivazione”.

Ripercorsi i fatti ricostruiti nelle sentenza di merito e non contestando gli stessi, richiamate alcune emergenze istruttorie che si trarrebbero dal disegno allegato alla consulenza tecnica del P.M., dalla traccia di frenata dalla Renault Clio e dalla planimetria redatta dai Carabinieri, denunzia, in buona sostanza, il ricorrente omissione di pronunzia da parte della Corte di appello rispetto alla doglianza svolta nell’impugnazione di merito (pp. 4-8) incentrata sulla – ritenuta – mancanza di incidenza causale della presenza del cantiere, non correttamente segnalato, al centro della carreggiata rispetto all’evento mortale verificatosi.

Ad avviso del ricorrente, l’insieme degli elementi sia statici (e cioè: 1. presenza di lavori di allargamento della carreggiata, per un lungo tratto, sia a monte che a valle del punto in cui era collocato il tombino; 2. segnalazione dei lavori stradali con appositi cartelli e presenza di linee gialle a terra; 3. mancanza di illuminazione notturna) sia dinamici (ossia: 1. velocità elevatissima e sprezzante delle regole del vivere civile da parte del coimputato A.A., di certo superiore ai 108 km orari rispetto al limite massimo di 30 km orari, probabilmente, stando alla deposizione del teste oculare M.M., di circa 130 km orari; 2. manovra folle di A.A. consistita nel lasciarsi a destra, anziché a sinistra, il tombino così malamente segnalato; 3. traiettoria non curvilinea ma rettilinea della Renault Clio) riscontrati nel caso di specie costituirebbe, insomma, un fatto sopravvenuto da solo causativo della morte della malcapitata G.M.. Sarebbe conseguentemente irrilevante la presenza – irregolarmente segnalata – del cantiere relativo al tombino, peraltro di limitatissime dimensioni. In sostanza, ad avviso del ricorrente, esistendo «un divieto assoluto di sorpasso, non si può affermare che se il cantiere fosse stato segnalato correttamente, l’evento non si sarebbe verificato. Del resto, anche in punto di prevedibilità delle possibili concotte poste in essere da conducenti indisciplinati di autovetture, non sembra che facilmente esse potevano essere astrattamente ipotizzabili, dai momento che, in quelle condizioni, si dovevano possedere capacità divinatorie anche per solo pensare che si potesse giungere a tanto, da parte di un conducente di autovettura come il A.A.» (così alla p. 5 del ricorso).

Prosegue il ricorrente (p. 6) rammentando che «i segnali relativi a cantieri di modeste dimensioni, come quello in esame, ai sensi dell’art. 30 DPR 16 dicembre 1992, n. 495, “… devono essere scelti ed installati in maniera appropriata alle situazioni di fatto ed alle circostanze specifiche…” della strada», per concludere l’atto di impugnazione dubitando che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato se A.A. non avesse superato, malgrado il divieto, l’auto di M.M. che lo precedeva ovvero se si fosse mantenuto ad una velocità – sì vietata- di circa 70/80 km orari ma tale, comunque, da rendere in concreto governabile l’auto. (Fonte Cassazione Web).

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