Cassazione Penale – sentenza n. 33416 del 18 luglio 2018 – Caduta dal tetto. Prescrizioni di sicurezza devono sussistere anche nei momenti di pausa, riposo o sospensione dell’attività

Cassazione Penale – sentenza n. 33416 del 18 luglio 2018 – Caduta dal tetto: il nesso causale tra la violazione delle prescrizioni di sicurezza e gli infortuni sussiste anche nei momenti di pausa, riposo o sospensione dell’attività.

La Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di quella città, appellata dagli imputati A.P. e I.L., con la quale costoro erano stati condannati alla pena sospesa di sei mesi di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento del danno e al pagamento di provvisionale, per il reato di lesioni colpose aggravate ai sensi dell’art. 590 commi II e III, in relazione all’art. 583 co. 1 n. 1 cod. pen., ai danni del lavoratore dipendente F.P..

Si è contestato all’A.P., nella qualità di datore di lavoro e alla I.L., nella qualità di legale rappresentante della A. s.r.l., di avere cagionato le lesioni al F.P., operaio addetto alle macchine industriali di quella ditta, per colpa generica e specifica, consistita quest’ultima nella violazione delle norme già contemplate nel D.P.R. 164/56 e attualmente recepite nell’art. 115 del d.lgs. 81/2008.

In particolare, gli imputati avrebbero consentito che il F.P. si portasse sul tetto del capannone dell’azienda per allontanare una capretta che vi stazionava e per riparare alcune lastre, in situazione di pericolo di caduta dall’alto, in assenza di dispositivi anti – caduta e di sicurezza così cagionando la caduta dell’operaio da circa sei metri, a causa del cedimento di alcune lastre del tetto, con conseguenti lesioni personali gravi, consistite in un poli-traumatismo con indebolimento permanente del braccio destro e una malattia superiore ai quaranta giorni (fatto accaduto il 13 gennaio 2006).

Avverso la sentenza, gli imputati – rinuncianti alla prescrizione – hanno proposto ricorsi con unico atto e stesso difensore, formulando due motivi.

Con il primo, è dedotta violazione di legge con riferimento alla qualificazione dell’infortunio come evento occorso in ambiente lavorativo. Si assume che il F.P. sarebbe salito sulla tettoia del capannone di sua iniziativa durante la pausa pranzo e che, pertanto, si sarebbe verificata una “sospensione dell’attività lavorativa e una sorta di blocco della normativa che regola lo svolgimento di essa”.

Con il secondo, è dedotto vizio della motivazione e si rileva, in sostanza, un travisamento della prova dichiarativa rappresentata dalla deposizione del medico del pronto soccorso che ebbe in cura il F.P., il cui verbale è allegato al ricorso. Parte ricorrente ritiene che il tenore di essa confermi e non smentisca la tesi difensiva secondo cui le lesioni sarebbero state conseguenza di un incidente domestico. Lo stesso F.P. lo avrebbe dichiarato, recandosi autonomamente al pronto soccorso, poiché in grado di deambulare e parlare dopo l’incidente.

Con memoria pervenuta il 18 maggio 2018, la parte civile ha rilevato, quanto al primo di ricorso, che l’assunto di partenza (che,

cioè, il F.P. avesse agito d’iniziativa) è stato definitivamente smentito nei giudizi di merito, in cui è emerso che l’operaio si recò sul tetto perché richiesto dal datore di lavoro; quanto al secondo punto, che il Tribunale ha esaminato tutte le prove disponibili (quattro testi a difesa e quattro dell’accusa e della parte civile) ed è stato in grado di avere una visione chiara e compiuta delle prove dichiarative, all’esito della quale ha disposto la trasmissione degli atti al P.M. per quanto di competenza nei confronti dei testi della difesa ad oggi tutti rinviati a giudizio per il delitto di falsa testimonianza, come da decreto allegato alla memoria.

Sotto altro profilo, ha denunciato la parziale lettura della testimonianza del medico del pronto soccorso, offerta dalla difesa dei ricorrenti, precisando che, in ogni caso, i ricordi del dichiarante non potrebbero superare, a distanza di tempo, il contenuto del referto medico e che la stessa I.L. avrebbe ammesso, in sede di spontanee dichiarazioni, che ancora oggi le caprette continuano a posizionarsi sul tetto del capannone, sito a ridosso di una montagna, ma che quando ciò succede ora non si inviano più gli operai, ma si richiede l’intervento dei Vigili del Fuoco. FONTE CassazioneWeb

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