Cassazione Penale, sentenza n. 6566 del 20 febbraio 2020. Non basta il marchio CE per escludere la responsabilità del datore di lavoro

Amputazione di un dito dell’operaio meccanico con una sega orizzontale. Non basta il marchio CE per escludere la responsabilità del datore di lavoro

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 2 ottobre 2017, con cui V.F. era stata condannata alla pena di euro duecento di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 590, commi secondo e terzo, 583, comma primo, cod. pen., perché, in qualità di datore di lavoro della O. s.r.l. per colpa generica e specifica causava a L.L., operaio meccanico, una lesione personale grave consistente in amputazione netta a livello dell’articolazione interfalangea distale terzo dito mano sinistra, dalla quale derivava un indebolimento permanente di un organo; in particolare, consentiva che il L.L., intento a tagliare pezzi metallici mediante l’impiego di una sega a nastro orizzontale, nel raccogliere manualmente degli sfridi di lavorazione urtava con la mano sinistra la lama in movimento, in un tratto non adeguatamente protetto, cagionandosi la lesione sopra meglio descritta – per colpa specifica consistita nel non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alle disposizioni normative, in particolare nell’aver predisposto una sega a nastro orizzontale priva dei requisiti di protezione e sicurezza indicati ai punti 1.3.8.1. e 1.4.1. del D. Lgs. n. 17 del 2010 (art. 70, comma 1, D. Lgs. n. 81 del 2008).

Il L.L. risultava essere stato fornito di dispositivi di sicurezza individuale nonché adeguatamente formato ed informato dei rischi di utilizzo del macchinario. Mentre stava lavorando su una sega a nastro per metalli, si accorgeva che si era accumulata una limatura, per cui, indossati i guanti, prendeva con le mani la maniglia accumulata sul lato destro della macchina ed urtava con la mano sinistra la lama in movimento, procurandosi l’infortunio.

Secondo la Corte di merito, la particolare gravità del fatto non consentiva di ritenere astrattamente configurabili i presupposti per la non punibilità; era stata applicata la solo pena pecuniaria, prevedendo quale pena base il massimo edittale. Il risarcimento del danno, in ragione del contenuto della transazione e del concreto importo irrogato, poteva essere valutato ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche ma non dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen..

La V.F., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo quattro motivi di impugnazione. Scarica sentenza   Fonte: CassazioneWeb

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