Giurisprudenza: infortunio, responsabili il preposto, direttore di cantiere e il lavoratore

Cassazione Penale, sentenza n. 16690 del 03 maggio 2021  – Operaio travolto dalla macchina rincalzatrice: responsabili il preposto-direttore di cantiere e il lavoratore che disattende le prescrizioni contenute nel POS.

 

La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Castrovillari che ha dichiarato G.A. e S.C. responsabili del reato di cui agli artt. 113, 589 comma 1,2, 3 cod. pen. per avere, per colpa generica nonché per inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle disposizioni del POS vigente in azienda cagionato, nelle rispettive qualità e con le condotte di seguito indicate, il decesso di P.C., operaio alle dipendenze della ditta C. srl (facente parte del gruppo F.V. Costruzioni ferroviarie), distaccato presso la ditta di F.V., impegnata in lavori di ammodernamento della linea ferroviaria Marconia-Montegiordano., presso la stazione ferroviaria di Ricco Imperiale. In particolare, mentre P.C. era impegnato in lavori di manutenzione ordinaria (nella specie, lavori di pulitura) della parte anteriore della macchina rincalzatrice – Macchinario parcato sul c.d. binario morto appositamente predisposto per il ricovero dei mezzi meccanici – sito tra la parte anteriore del macchinario e la c.d. barriera paracolpi, veniva travolto dalla macchina rincalzatrice che subiva un improvviso spostamento in avanti a causa del colpo ricevuto dalla macchina profilatrice – condotta dal S.C. – che, dopo aver urtato contro la rincalzatrice, priva questa sia del freno di stazionamento sia delle staffe di bloccaggio, ne causava il movimento in avanti con conseguente travolgimento di P.C. che rimaneva schiacciato contro la barriera paracolpi.
2. Nello specifico: G.A., in qualità di preposto e, al momento dell’incidente, di direttore di cantiere, aveva ordinato a S.C., stante l’assenza del conducente/manovratore della macchina saldatrice, di spostare la citata macchina saldatrice, per condurla sul binario morto trainandola con la macchina profilatrice, onde consentire il passaggio di altro convoglio, pur sapendo che, sul medesimo binario, erano in corso operazioni di manutenzione ordinaria sulla macchina rincalzatrice da parte di P.C. e P.F., omettendo di coordinare le citate operazioni, di sovrintendere e vigilare sulle predette operazioni nonché sull’osservanza da parte dei dipendenti delle norme del POS e di quelle in materia di sicurezza sul lavoro.
S.C., ricevuto l’ordine da parte di G.A., postosi alla guida della macchina profilatrice, aveva omesso, attesa la limitata visibilità della macchina da lui condotta, di esigere che dette operazioni fossero coordinate e sorvegliate da terra, di accertarsi che il binario fosse sgombro, di dare apposito segnale acustico prima della partenza, di coordinarsi con gli altri operai, considerata la contemporanea presenza e le contemporanee lavorazioni di altri operai sui binari, sicché, dopo aver percorso pochi metri dal punto di partenza, perdeva il controllo del mezzo che andava ad impattare contro la macchina rincalzatrice causandone lo spostamento in avanti, con conseguente schiacciamento di P.C. contro la barriera paracolpi.
3. Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.
4. G.A. solleva due motivi con quali rispettivamente deduce:
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 40, 41, 589 cod. pen., 533 cod. proc. pen., 27 Cost. La Corte territoriale erra nel far automaticamente discendere dalla mera qualità di direttore di cantiere la sussistenza di una posizione di garanzia in capo al G.A., atteso che il soggetto responsabile della prevenzione per gli infortuni sul lavoro va individuato in base alla funzione esercitata in concreto. Non essendo stato l’infortunio ricondotto a carenze organizzative ma ad uno sviluppo estemporaneo di uno specifico lavoro, nessun rimprovero può essere mosso all’imputato. Rispetto alle risultanze probatorie è, poi, contraddittorio l’assunto secondo cui il coimputato S.C. avrebbe messo in moto la macchina profilatrice senza aspettare il raggiungimento dei 5 bar. Nel corso del processo, infatti, è emerso che, affinché questa possa effettuare lo spostamento, deve disinnescarsi il bocco dei freni: condizione che si verifica soltanto se il macchinario raggiunge l’anzidetta misura dei 5 bar. Illogico e contraddittorio è il passo motivazionale relativo alla presenza di acqua e solventi di lavaggio sul binario, a cagione della quale, si ripete, i binari risultavano così scivolosi da far perdere aderenza al mezzo condotto dal S.C.. Parimenti illogica è la motivazione allorquando tratta della mancata attivazione del freno di stazionamento della rincalzatrice e della mancata applicazione delle scarpe di sicurezza. Situazioni, quelle testé richiamate, da ritenersi del tutto imprevedibili, tali, pertanto, sa interrompere il nesso eziologico.
4.2. Violazione di legge e mancanza di motivazione con riguardo alla mancata valutazione del risarcimento del danno ai fini del riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis, cod. pen.
5. Il ricorso di S.C. consta di tre motivi con cui, rispettivamente, deduce:
5.1. Inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 40 cod. pen. La sola condotta posta in essere dal ricorrente, ossia il pattinamento sui binari determinato da presenza di oli e grassi non avrebbe provocato l’evento morte se i lavoratori, la vittima tra questi, avessero messo in sicurezza il mezzo su cui stavano effettuando lavori di pulitura, inserendo il freno di stazionamento e le staffe di sicurezza. Operazione che ne avrebbe impedito lo spostamento in avanti a seguito del colpo ricevuto dalla profilatrice. La condotta della vittima è stata imprevedibile ed abnorme anche perché questa si trovava in un posto diverso rispetto a quello previsto per eseguire la pulizia del mezzo. Circostanze, queste, confermate dalle deposizioni testimoniali richiamate dal ricorrente.
5.2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. La Corte territoriale ha travisato la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero (ing. M.) laddove afferma che la stessa ha escluso che il raggiungimento del prescritto livello di pressione del serbatoio dell’aria condizioni anche l’avvio e il movimento del mezzo. Al contrario, il consulente ha sostenuto che tutti i servizi della macchina profilatrice entrano in funzione allorquando il serbatoio dell’aria principale raggiunge la pressione dei 5 bar. Nella citata consulenza, si precisa, altresì, che anche il segnale acustico in dotazione alla profilatrice era perfettamente funzionante ma che questo, come tutti gli altri servizi annessi all’avvio del mezzo, erano collegati al caricamento dell’aria principale. La sentenza impugnata non ha tenuto conto della testimonianza di V.A. il quale aveva dichiarato che la macchina non si muove se non è caricata a 5 bar. La Corte di appello non ha preso in considerazione il regolare funzionamento del mezzo condotto dal S.C.. Ulteriore travisamento della prova è costituito, a detta del ricorrente, dall’aver il giudice d’appello omesso di tenere nella dovuta considerazione la tipologia asfaltata dei binari, a cagione della quale l’acqua, intrisa di oli grassi e di detergente chimico (utilizzato per sciogliere i grassi delle parti meccaniche), ha inquinato tutto il binario.
5.3. Inosservanza o erronea applicazione degli artt. 19, lett. a) e 20 lett. b), d.lgs. 81/2008 e delle norme dettate del Pos relative alla movimentazione dei macchinari. Spettava al direttore tecnico di cantiere, G.A., verificare che il cantiere fosse sgombro, giacché il S.C. eseguiva gli ordini su un binario cosiddetto “morto”; per tali motivi, la sua manovra era priva di vincoli, così come disposto dal regolamento delle ferrovie con riguardo alle manovre. Per questo, non era neppure richiesta all’imputato di attendere che vi fosse la dovuta visibilità né che sullo stesso gravasse l’obbligo di esigere che le operazioni fossero coordinate ed osservate da terra.
6. Le difese di entrambi gli imputati hanno fatto pervenire memorie di replica alle requisitorie del Procuratore generale, ribadendo le ragioni poste a sostegno dei rispettivi ricorsi.

1. La sentenza impugnata va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, dovendo entrambi i ricorsi essere rigettati nel resto.
2. Occorre preliminarmente ricordare che, in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla valutazione delle prove ma di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203430). Non può, quindi, costituire vizio deducibile davanti a questa Corte la prospettazione di una diversa e, per il ricorrente, più favorevole valutazione delle risultanze probatorie ed esula dai poteri della Corte di legittimità quello della “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, qualora, come nel caso di specie, ci si trovi di fronte di un compiuto esame – operato dai giudici del merito – esteso a tutte le risultanze processuali e fornendo risposta a tutte le contestazioni difensive.
3. Ciò premesso, il Collegio osserva che le doglianze relative all’avvio e al funzionamento della macchina profilatrice, ivi compresa quella deducente un travisamento della consulenza tecnica disposta da pubblico ministero (ing. M.), sono infondate, avendo la Corte territoriale fornito adeguata e congrua motivazione. Sullo specifico punto, infatti, la sentenza impugnata richiama le deposizioni testimoniali dei soggetti presenti ai fatti i quali hanno riferito che il sistema frenante della macchina profilatrice non rispondesse ai comandi dell’operatore di cabina (S.C.) che, prima dell’impatto, aveva urlato la frase “non frena, non frena”, nonostante il relativo impianto fosse perfettamente funzionante ad un determinato livello di pressione, corrispondente, come si ricordava sopra, a 5 bar. Da dette testimonianze, nonché dalla consulenza tecnica effettuata dall’ ing. M. – il quale ha, con chiarezza, escluso che il raggiungimento del prescritto livello di pressione del serbatoio dell’aria condizioni anche l’avvio e il movimento del mezzo, con ciò significando che questo può avviarsi indipendentemente dal funzionamento dei freni – il giudice di appello ha fatto discendere, con argomentare corretto e logico, che il mancato funzionamento dei freni, evenienza diversa da quella ipotizzata dagli imputati e reiterata in questa sede di legittimità, va ricondotto all’errore esecutivo del S.C. che ha avviato la macchina profilatrice senza attendere che il serbatoio principale dell’aria raggiungesse la pressione di 5 bar e, dunque, senza verificare le modalità di funzionamento del sistema frenante: verifica resa vieppiù necessaria dalla contemporanea presenza dell’altro mezzo (la macchina rincalzatrice) nella zona terminale del binario. La sentenza impugnata ricorda, inoltre, come il S.C. non avesse attivato neppure il segnale di avviso acustico (è, peraltro, lo stesso ricorrente S.C. a ricordare che il funzionamento del segnale acustico dipendeva dal caricamento dell’aria), così complessivamente disattendendo le prescrizioni contenute nel POS.
3.1. Deve parimenti respingersi la censura, prospettata anche sotto il profilo del travisamento della prova, concernente la presenza di acqua con residui di lavaggio sui binari. Diversamente da quanto assunto dai ricorrenti, il giudice di appello ha preso in considerazione l’anzidetta deduzione difensiva offrendo adeguata motivazione. Si legge, infatti, che il fascicolo fotografico riproducente lo stato dei luoghi al momento dell’incidente ha permesso di apprezzare come le operazioni di pulizia della rincalzatrice avessero interessato le parti meccaniche del mezzo, «sicché, tenuto conto dello stato pianeggiante del binario, non vi è alcuna ragione di ritenere che l’acqua e gli eventuali residui del lavaggio fossero defluiti fino al tratto iniziale dello spazio di frenata della macchina profilatrice condotta dal S.C., tratto che deve individuarsi in un punto certamente non prossimo al luogo dell’impatto».
Né certamente può dirsi affetto da illogicità il passaggio in cui il giudice di appello afferma che, se anche la presenza di acqua sul binario avesse in qualche modo influito sulla fase finale dell’impatto, la stessa non potrebbe ritenersi causa esclusiva dell’evento né un fattore eccezionale della sequenza causale, tale da interrompere il nesso eziologico, giacché, essendo la vittima, come gli altri operai, impegnanti nella pulitura della rincalzatrice, la possibilità che potesse esservi dell’acqua sui binari era circostanza del tutto prevedibile da parte degli imputati.

3.2. Privo di pregio è poi il comune rilievo secondo cui si sarebbe potuto evitare l’evento qualora fosse stato attivato il freno di stazionamento della rincalzatrice e fossero state applicate le scarpe di sicurezza, omissioni ascrivibili, a detta dei ricorrenti, a P.F. (assolto in primo grado per non avere commesso il fatto). Anche sul punto vi è adeguata, e dunque incensurabile, motivazione laddove si legge che le dichiarazioni dei testi richiamati sul punto dagli imputati «si risolvono in valutazioni condizionate dalla velocità (non accertata) tenuta dal convoglio condotto dal S.C., elemento che ha infatti fondato la pronuncia assolutoria nei confronti del predetto P.C.». Non può, infatti, affermarsi con certezza, continua la sentenza impugnata, che il blocco della rincalzatrice mediante le indicate dotazioni di sicurezza avrebbe evitato l’investimento della vittima, tenuto anche conto della maggiore massa del convoglio impattante (costituito dalla profilatrice, un carrello di traino e una saldatrice), della mancata attivazione del suo sistema frenante e della conseguente mancata riduzione della sua velocità. Sempre sul punto, la Corte del merito osserva che – poiché la rincalzatrice era stata parcheggiata al termine del binario, in prossimità quindi della barriera di cemento paracolpi – la prospettata omissione non avrebbe potuto costituire un fattore causale eccezionale ed imprevedibile. Di talché, anche per quanto sinora detto, deve altresì escludersi che la condotta della vittima fosse abnorme ed imprevedibile in relazione al posto in cui si trovava, così come genericamente affermato nel ricorso dell’imputato S.C..
Come si vede, i giudici di secondo grado hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in alcun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
4. Il terzo motivo di ricorso del S.C. resta assorbito.
5. Quanto al G.A., in ordine al primo motivo per il quale non può farsi discendere dalla mera qualità di direttore di cantiere la sussistenza di una posizione di garanzia in capo allo stesso, dovendo individuarsi il soggetto responsabile della prevenzione per gli infortuni sul lavoro in base alla funzione esercitata in concreto, la Corte di appello ha fornito risposta adeguata e corretta in diritto. Invero, essa fatto buon governo del principio a mente del quale la qualifica di direttore e responsabile della sicurezza comporta mansioni di vigilanza (anche con riguardo all’osservanza dei piani di sicurezza), di organizzazione e di gestione dei lavori, così attribuendo al relativo titolare una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori impiegati nel cantiere, così rispondendo degli infortuni loro occorsi in violazione degli obblighi derivanti da detta posizione di garanzia, purché sia titolare dei poteri necessari per impedire l’evento lesivo in concreto verificatosi.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata afferma che, diversamente da quanto assume il ricorrente, risulta che alla qualifica formale del G.A. corrispondesse una concreta ingerenza nell’organizzazione del lavoro, atteso che egli, nell’esercizio della sua funzione di direttore dei lavori, ha impartito direttive agli operai (sia alla vittima che al S.C., il quale lo ricorda nel suo ricorso) in modo incongruo perché non ha verificato che il binario di destinazione del traino della macchina saldatrice fosse sgombero da altri mezzi, con ciò violando l’obbligo, su di lui gravante, di coordinare le due squadre di operai impegnate in diverse e contemporanee lavorazioni sullo stesso binario.
In conclusione sul punto, non di uno sviluppo estemporaneo di uno specifico lavoro si è trattato ma di un evento cagionato da colpa così come configurata nel capo di imputazione ascritto al ricorrente.
5.2. Meritevole di accoglimento è, invece, il secondo motivo afferente all’omessa valutazione del risarcimento del danno ai fini del riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis, cod. pen., giacché la sentenza impugnata si limita ad una motivazione apodittica e stereotipata con il mero richiamo alla pronuncia di primo grado, senza nulla dire al riguardo.
6. La statuizione di annullamento con rinvio disposta con riferimento al secondo motivo di ricorso, non esclusivamente personale, avanzato dal ricorrente G.A. va estesa al S.C., pur se quest’ultimo non risulta aver proposto alcuna specifica censura sul medesimo punto. Al riguardo, va premesso che, ai fini dell’operatività dell’istituto dell’estensione dell’impugnazione, di cui all’art. 587 cod. proc. pen., deve considerarsi non ricorrente anche il coimputato presente nel giudizio di cassazione che non abbia impugnato il punto della decisione annullata dalla Suprema Corte in accoglimento di motivi non esclusivamente personali proposti da altro imputato (Sez. 6, n. 1940 del 03/12/2015, dep. 2016, Aresu e altri, Rv. 266686). Il ricorso attribuisce alla Corte di cassazione la cognizione in relazione esclusivamente ai singoli motivi effettivamente proposti (art. 609, comma 1, cod. proc. pen.) con le sole tassative eccezioni previste dal capoverso dell’art. 609 cod. proc. pen. e proprie o del sopravvenire di peculiari vicende dopo la scadenza del termine utile per la proposizione del ricorso (es.: modifiche normative favorevoli) o di preesistenti vizi rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo (es.: nullità ex art. 179 cod. proc. pen.). La qualità di «ricorrente», quindi, è strettamente e necessariamente correlata ai motivi concretamente enunciati ed alle due evenienze specificamente e tassativamente previste dal capoverso dell’art. 609 cod. proc. pen. Del resto, le due posizioni – di coimputato che non ha per nulla impugnato la sentenza ovvero di coimputato che ha proposto ricorso ma per motivi diversi – sono assolutamente sovrapponibili rispetto al diverso motivo non esclusivamente personale proposto da altro coimputato «diligente, sicché non solo non vi è una ragione sistematica per differenziarle, ma ove una differenza fosse affermata, la palese assenza di ragionevolezza che la caratterizzerebbe porrebbe con immediatezza evidenti vizi di disparità ingiustificata di trattamento (Sez. 6, ord. n. 46202 del 02/10/2013, Serio, Rv. 258155).
7. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo esame sul punto. I ricorsi devono essere rigettati nel resto e, visto l’art. 624 cod. proc. pen., deve dichiararsi irrevocabile l’affermazione di responsabilità di G.A. e di S.C..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Core di appello di Catanzaro per nuovo esame sul punto. Rigetta nel resto i ricorsi e.t visto l’art. 624 cod. proc. pen., dichiara irrevocabile l’affermazione d abilità di G.A. e S.C.. FONTE: CassazioneWeb.  Photo by Al Ishrak Sunny on Unsplash

Nessun commento

Spiacenti, non è possibile inserire commenti adesso

logo

S&L Srl

Via G. Bovini 41

48123 Ravenna


P.IVA 02051500391

Cap.Soc. € 10.000,00

Reg.Imp. RA n.167253 R.E.A. 167253


Copyright © 2019 www.sicurezzaoggi.com

All rights reserved

Contatti

Email: info@sicurezzaoggi.com

Tel.: +39 0544 465497

Cell.: +39 333 1182307

Fax: +39 0544 239939