Cassazione Penale, sentenza n. 229 del 8 gennaio 2020 – Omissioni in materia di salute e sicurezza. La qualifica di datore di lavoro.

In base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez. 4, n. 50037 del 10/10/2017 – dep. 31/10/2017, Buzzegoli e altri, Rv. 271327; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017 – dep. 09/05/2017, Minguzzi, Rv. 269973).

Con l’impugnata sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato, il g.i.p. del Tribunale di Cagliari condannava G.A. alla pena di sei mila euro di ammenda per le contravvenzioni di cui agli artt. 17, comma 1, lett. b), 18, comma 1, lett. a) e d), e 96 d.lgs. n. 81 del 2008, perché, quale datore di lavoro e titolare della omonima ditta individuale: ometteva di designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ometteva di nominare il medico competente per la sorveglianza sanitaria, non forniva al lavoratore G.AB. i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale e, infine, non redigeva il piano operativo di sicurezza. Fatti accertati il 15/01/2016.
Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo con cui deduce il vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Assume il ricorrente che il Tribunale avrebbe desunto in maniera apodittica, in capo all’Ansa, la qualifica di “datore di lavoro”, in quanto, come risulterebbe dalla visura camerale storica della ditta A.G., l’imputato avrebbe cessato l’attività ben trentun anni prima dei fatti contestati; in ogni caso, il Tribunale non avrebbe spiegato in che modo ha individuato in capo all’Ansa la qualifica di datore di lavoro, il che integra il denunciato vizio di omessa motivazione.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Va ricordato che, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 81 del 2008, per “datore di lavoro” si intende “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.
Orbene, la qualifica di datore di lavoro si radica non già in una veste meramente formale, bensì nell’effettiva titolarità del rapporto di lavoro con il lavoratore; e ciò per l’evidente ragione di evitare che il titolare del rapporto di lavoro possa sottrarsi al rispetto delle prescrizioni in materia di prevenzione degli infortuni sol perché l’esercizio dell’attività di lavoro non è organizzata in forma societaria.
Del resto, è principio consolidato quello secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez. 4, n. 50037 del 10/10/2017 – dep. 31/10/2017, Buzzegoli e altri, Rv. 271327; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017 – dep. 09/05/2017, Minguzzi, Rv. 269973).
Nel caso di specie il Tribunale ha correttamente ravvisato la qualifica di datore di lavoro in capo all’imputato, pur dando atto delle ripetute iscrizioni e cancellazioni dal registro delle imprese che emergono dalla visura della ditta “A.G.”, il Tribunale ha desunto detta qualifica dal comportamento tenuto dall’imputato all’atto dell’ispezione presso il cantiere ove, unitamente ad altro soggetto, identificato in G.AB., stava effettuando lavori di tinteggiatura, essendosi appurato dagli ispettori che l’G.AB. era stato assunto proprio dall’G.A. per un giorno di lavoro effettivo, svolgendo mansioni di manovale edile.
E’ perciò evidente che l’G.A., essendo titolare del rapporto di lavoro, rivestiva a tutti gli effetti la qualifica di datore di lavoro, circostanza, del resto, confermata dal fatto che proprio l’G.A. abbia in seguito ottemperato alle prescrizioni imposte dagli ispettori del lavoro.
Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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