Mancanza di parapetto, tavola fermapiede o tavolato fisso. Responsabilità del subappaltatore

Cassazione Penale sentenza n. 27056 del 13 luglio 2022  – Mancanza di parapetto, tavola fermapiede o tavolato fisso. Responsabilità del subappaltatore.

 

1. L.C., tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Teramo il 15 settembre 2021, con cui era stata condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di euro 3.000 di ammenda, in quanto ritenuta colpevole del reato di cui agli art. 122-159 del d.Lgs. n. 81 del 2008, a lei contestato perché, quale amministratore unico della E. s.r.l., ometteva di circondare una parte del solaio lasciata vuota con parapetto, tavola fermapiede o tavolato solidamente fissato; fatto accertato in Giulianova il 28 aprile 2017.
2. Il ricorso è affidato a quattro motivi.
Con i primi due, la difesa contesta la formulazione del giudizio di colpevolezza, sotto il profilo del difetto di motivazione e del travisamento del fatto e delle prove, rilevando che i lavori subappaltati dalla E. s.r.l. riguardavano esclusivamente il piano terra del fabbricato e non il terrazzo dove sono state riscontrate le violazioni e dove operavano altre ditte subappaltatrici.
Con il terzo motivo, la difesa si duole del diniego delle attenuanti generiche e dell’eccessività della pena, mentre con il quarto motivo oggetto di doglianza è il mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna.
3. Orbene, i primi tre motivi di ricorso risultano inammissibili, perché manifestamente infondati, mentre il quarto motivo è meritevole di accoglimento.
3.1. Quanto alla formulazione del giudizio di colpevolezza, oggetto di critica nei primi due motivi, tra loro sovrapponibili, deve osservarsi che il Tribunale ha adeguatamente valorizzato gli esiti dell’ispezione effettuata il 28 aprile 2017 presso il cantiere edile sito in Giulianova, dove sono stati trovati a lavorare dipendenti della E. s.r.l., legalmente rappresentata da L.C.. Tale società era impegnata a realizzare, quale subappaltatrice,. un massetto, la posa in opere di battiscopa, pavimenti e rivestimenti, venendo tuttavia riscontrato, in prossimità del terrazzo, una parte di solaio con un vuoto di circa 2 mt. x 30 mt., che, alla luce del rilievo operato dagli organi ispettivi, avrebbe dovuto essere circondato con parapetto, tavola fermapiede o tavolato fisso.
Stante l’omesso pagamento della sanzione amministrativa irrogata insieme alla prescrizione di porre rimedio all’infrazione, l’imputata è stata dunque ritenuta colpevole della contravvenzione di cui agli art. 122 e 159 del d. lgs. n. 81 del 2008, avendo il Tribunale correttamente evidenziato che, nel caso di esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche gravano su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di parte delle opere, essendo questi comunque onerato di verificare la sicurezza dei luoghi di lavoro.
Tale affermazione si pone in sintonia con l’orientamento espresso più volte da questa Corte sul punto (cfr. Sez. 3, n. 19505 del 26/03/2013, Rv. 254993).
Orbene, a fronte di una ricostruzione razionalmente fondata su argomentazioni coerenti con le fonti dimostrative acquisite, oltre che con le indicazioni ermeneutiche elaborate da questa Corte, non vi è spazio per accogliere le doglianze difensive, con le quali, sostanzialmente, è stata proposta una lettura alternativa delle prove acquisite, operazione non consentita in sede di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482).
3.2. Anche rispetto al trattamento sanzionatorio, censurato in maniera non specifica con il terzo motivo, non si ravvisano criticità, dovendosi osservare che le attenuanti generiche non furono richieste in sede di conclusioni e che, in ogni caso, la pena (3.000 euro) non risulta ispirata da criteri di eccessivo rigore, avendo il Tribunale optato per la pena pecuniaria in luogo di quella detentiva.
3.3. È invece fondato il quarto motivo.
Risulta invero dalle conclusioni riportate nella sentenza che, in sede di conclusioni, la difesa aveva chiesto, in via subordinata, l’applicazione dei “benefici di legge”, dizione questa riferibile sia alla sospensione condizionale della pena che al beneficio della non menzione; ora, solo il primo dei due benefici è stato concesso alla ricorrente, mentre, rispetto al secondo, non vi è alcuna motivazione, per cui in tal caso deve ravvisarsi un’omessa risposta a una richiesta difensiva, rispetto al cui accoglimento invero non sussistevano ragioni ostative, risultando il beneficio della non menzione senz’altro concedibile, avuto riguardo all’entità della vicenda e alla condizioni di incensurata della L.C..
Alla concessione di tale beneficio può tuttavia procedersi in questa sede, ex art. 620 lett. I) cod. proc. pen., apparendo superfluo il rinvio al giudice di merito.
4. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla omessa statuizione relativa al beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 cod. pen., beneficio che in questa sede si concede. Il ricorso deve essere invece dichiarato inammissibile nel resto.
P.Q.M.: annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla omessa statuizione relativa al beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 cod. pen., beneficio che concede. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Fonte: CassazioneWeb

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