Fibre artificiali vetrose (FAV): effetti sulla salute umana e Linee guida

Dopo quasi 3 anni dall’emanazione delle linee guida relative alle FAV, rimangono alcuni dubbi sui reali effetti sulla salute umana, sulle corrette procedure da adottare nelle loro manipolazione e utilizzo. A scopo precauzionale occorre evitare al minimo il contatto, l’inazione e la dispersione dell’ambiente, in attesa di una chiara valutazione dei rischi connessi alla loro esposizione.

Le fibre artificiali vetrose (FAV), sono materiali che appartengono ad un’ampia famiglia di fibre artificiali inorganiche, con caratteristiche che differiscono non solo in funzione dell’utilizzo finale ma anche delle modalità di produzione. In connessione al processo produttivo possiamo distinguere:

  • lane (di vetro, lana di scoria e lana di roccia): prodotte dopo fusione delle materie prime, principalmente per “fibraggio” in centrifuga o centrifugazione/soffiatura (buona resistenza alla trazione e bassa resistenza all’impatto e all’abrasione, alto isolamento termico-acustico);
  • fibre a filamento continuo: “prodotte per fusione in filiere e successiva trazione (il differente tenore di silice ne condiziona le diverse proprietà tecniche e i relativi utilizzi per usi elettrici, nel settore tessile, cemento, materiali plastici);
  • fibre ceramiche: sono prodotte con soffiatura/filatura, attraverso processi chimici a temperature più elevate (hanno un’estrema resistenza alle alte temperature, bassa conducibilità termica, elettrica ed acustica, risultano inattaccabili dagli acidi);
  • fibre speciali (microfibre di vetro)”.

A seguito della grande diffusione di queste fibre per le particolari proprietà, il Ministero della Salute è intervenuto prima con la Circolare n. 23 del 25 novembre 1991 e in seguito ha istituito un gruppo di lavoro che è arrivato alla redazione delle linee guida “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute” approvate dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 25 marzo 2015.

I fattori che hanno portato alla redazione delle linee guida sono:

– assenza di stime del numero degli esposti per ragioni professionali;

– assenza di valori limite o di riferimento per le fav riguardanti la qualità dell’aria in ambienti di lavoro;

-“necessità di differenziazione dei rischi in relazione alle diverse caratteristiche delle FAV;

– necessità di sistematizzare le informazioni sulla tossicità delle FAV in relazione alla classificazione in ambito REACH e CLP”.

Numerose sono state anche le richieste da parte degli SPISAL per verificare la conformità in tutte le fasi di utilizzo delle FAV, dalla commercializzazione, all’uso e controllo dei materiali fibrosi sintetici da rimuovere”.

e sui “possibili effetti sulla salute che possono derivare da un’esposizione a FAV” e sul “prevedibile impatto sulla salute e sull’ambiente in occasione di demolizioni con possibile dispersione di fibre nell’aria”.

Gli effetti delle fibre inoltre dipendono:

– “ dalla forma, dalle dimensioni e dal rapporto dimensionale lunghezza/diametro (L/D), sono parametri importanti per la tossicità di una qualsiasi fibra in quanto ne determinano le proprietà aerodinamiche, che condizionano sostanzialmente le caratteristiche di inalabilità, deposito e biopersistenza;

– gli effetti sulla salute che possono derivare da un’esposizione a FAV risultano sostanzialmente condizionati dall’interazione tra le caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche presentate dalle diverse fibre, rispetto alle capacità difensive dell’organismo esposto; capacità che possono variare in relazione a fattori di rischio voluttuari – fumo di sigaretta – e per fattori di rischi individuali in grado di incidere negativamente sui meccanismi difensivi che assicurano la rimozione, l’allontanamento e l’espulsione o la dissoluzione delle particelle o fibre depositate, in rapporto al livello, durata e modalità di esposizione”.

E riguardo ai potenziali effetti infiammatori sulle strutture polmonari si indica che:

– “come conseguenza del loro depositarsi in un qualunque tratto delle vie respiratorie, le FAV in rapporto alle caratteristiche di biopersistenza possedute, sono in grado di attivare processi infiammatori, con presenza di cellule infiammatorie negli spazi alveolari, interstiziali peribronchiali e perivasali;

– per le fibre ad elevata biopersistenza, attraverso l’attivazione di fibroblasti e la deposizione di matrice connettivale possono innescarsi anche alterazioni anatomopatologiche del parenchima polmonare”.

In particolare “gli effetti irritativi delle FAV con diametro maggiore di 4μm su cute e mucose sono oramai accertati (NIOSH, 2006). Questi effetti irritativi osservati sarebbero da ascrivere ad azione di tipo meccanico (sfregamento) e non alla composizione chimica. Non sono invece risolutive, per l’esiguità degli studi disponibili, le osservazioni relative a patologie cutanee allergiche attribuite ad additivi utilizzati per la lavorazione delle FAV”.

Cancerogenicità:

– “le diverse caratteristiche fisiche e chimiche delle FAV non permettono un’individuazione generalizzata degli eventuali meccanismi di cancerogenesi potenzialmente correlabili all’esposizione, anche in relazione alle potenzialità cancerogene mostrate da alcune FAV (fibre ceramiche), che ne ha determinato la classificazione come cancerogene, il meccanismo dell’azione tossica non risulta ancora del tutto chiarito. In analogia a quanto rilevato nei confronti dell’asbesto, anche in questo caso si potrebbe assumere che il coinvolgimento di queste fibre artificiali nella produzione di radicali liberi di ossigeno possa rappresentare uno degli elementi più importanti nel dare il via al processo di oncogenesi, innescando un danno al genoma cellulare, quale conseguenza dello stress ossidativo, con conseguente mutazione ed eventuale trasformazione in cellule neoplastiche”.

Si ricorda che “nella monografia IARC del 2002 si è concluso per una inadeguata evidenza di cancerogenicità delle lane minerali nell’uomo con riclassificazione nel gruppo 3 (non classificabile come cancerogeno per l’uomo). Tale osservazione è ripresa nella attuale classificazione europea che prevede per le “lane minerali” Numero Indice: 650-016-00-2 la categoria 2 per la cancerogenesi”.

In ogni caso l’attribuzione della classificazione “cancerogeno” “è strettamente collegata al diametro medio geometrico della fibra e alla presenza degli ossidi alcalini e alcalino terrosi”.

E con riferimento alle indicazioni e alle note relative alla classificazione di pericolo (vedi ad esempio il regolamento CLP), “le fibre a filamento continuo con diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza > 6μm, caratterizzate dalla proprietà di mantenere costante il diametro in caso di frammentazione sono esentate dalla classificazione come cancerogene poiché soddisfano i requisiti della nota R”. (…) (Fonte F.I.V.R.A.)

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