Tritacarne privo del dispositivo di protezione: responsabilità del cedente.

Cassazione Penale sentenza n. 28160 del  21 luglio 2021 – Amputazione di quattro dita della mano dell’addetta al reparto macelleria del supermercato. Tritacarne privo del dispositivo di protezione: responsabilità del cedente.

 

La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza emessa in data 4/3/2019, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lanciano con cui F.E., ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, era condannato alla pena di anni 1 di reclusione, oltre al pagamento delle spese di giudizio e al risarcimento del danno in favore della persona offesa, cui era riconosciuta una provvisionale immediatamente esecutiva dell’importo di euro 10.000,00.
Era contestato all’imputato di avere, nella qualità di titolare del supermercato S., di avere cagionato a L.R., addetta al reparto macelleria, l’amputazione di quattro dita della mano sinistra, determinando nella persona offesa una malattia di durata superiore a 40 giorni.
Secondo quanto accertato e ritenuto dai giudici di merito nelle due sentenze conformi, la persona offesa, L.R. era alle dipendenze di I.MG., associata in partecipazione dell’A. s.r.l., di F.M.L., che gestiva il reparto macelleria esistente all’interno del supermercato.
L’infortunio era stato causato dall’utilizzo di un tritacarne modello C32 serie Inox, privo di pestello, a cui era stata asportata la protezione metallica prevista dal costruttore all’imboccatura di carico. La lavoratrice, introducendo la mano nel tritacarne privo di protezione, durante l’attività a cui era stata addetta, veniva in contatto con le lame affilate degli organi di movimento, riportando le gravissime lesioni di cui sopra.
La responsabilità dell’imputato ricorrente, in base alla ricostruzione offerta dai giudici di merito, era collegata alla circostanza che il macchinario in questione era di proprietà del F.E., il quale lo aveva ceduto in uso alla soc. A. unitamente a tutte le altre attrezzature presenti nel reparto macelleria.
In base a tanto i giudici di merito hanno ritenuto che il cedente avesse l’obbligo, sancito dall’art. 72 d.lgs. 81/08, di garantire la conformità dei macchinari alle norme antinfortunistiche ed ai requisiti di sicurezza di cui all’allegato V del citato decreto. Tale conformità era stata peraltro asseverata da dichiarazione a firma del ricorrente, datata 17/1/2012, in cui si attestava che i beni facenti parte del ramo di azienda ceduto erano “in buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza ai fini della sicurezza”.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, il quale, in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., ha articolato i seguenti motivi di doglianza.
I) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione; violazione dell’art. 43 cod. pen., con particolare riferimento alla individuazione del profilo di colpa ravvisato a carico del ricorrente, desunto dalla circostanza di avere appreso da C.M. che l’apparecchio tritacarne fosse privo del presidio di sicurezza.
I giudici di merito incentrano il primo rimprovero di colpa a carico dell’imputato sulla testimonianza resa da C.M., il quale ha riferito di avere informato il F.E. ed il P.D. della situazione di pericolo collegata al macchinario tritacarne in questione.
La valutazione di attendibilità espressa dalla Corte in relazione alla testimonianza del C.M., sarebbe illogica. Non si considera che il predetto era in realtà, per quanto si trae dalla stessa decisione di primo grado, collaboratore “anziano” e preposto di fatto dal P.D. alla gestione dell’esercizio. Il C.M., sebbene fosse a conoscenza della rischiosità dell’uso del tritacarne sprovvisto della protezione, aveva incaricato la parte offesa, che pure sapeva essere completamente inesperta dello strumento, essendo stata assunta da pochi giorni, di adoperare il macchinario.
Avendo il C.M. una posizione in concreto sovraordinata rispetto alla L.R. e, quindi, dovendo ritenersi anch’egli responsabile dell’evento lesivo verificatosi, la Corte di merito non avrebbe dovuto prescindere, nel valutare l’attendibilità della sua testimonianza, dalla considerazione della particolare posizione rivestita.
La sentenza impugnata non reca corretta e adeguata valutazione sul piano giuridico del profilo di colpa attribuito all’imputato. Ed invero, nella sentenza impugnata, avanzata l’enunciazione della sussistenza del profilo di colpa collegato alla conoscenza della manipolazione del tritacarne, il ragionamento del giudici di merito s’interrompe. Non viene descritto il comportamento lecito doveroso che avrebbe dovuto essere seguito dal ricorrente, suscettibile di impedire l’evento.
II) Violazione di legge in relazione all’art. 43 cod. pen. e all’art. 72 d.lgs 81/08; vizio della mancanza di motivazione in relazione all’accertamento netta sentenza impugnata del profilo di colpa consistito nell’avere concesso in uso il tritacarne privo del presidio di sicurezza.
Secondo la Corte aquilana si delineerebbe un secondo profilo di colpa a carico del ricorrente, connesso alla circostanza di avere dato in uso un tritacarne sprovvisto della necessaria protezione, dopo aver attestato per iscritto che esso, atta pari degli altri beni ceduti, fosse conforme alle disposizioni in materia di sicurezza. Ad avallo di tale proposizione, il Giudice dell’appello richiama la previsione dell’art. 72 d. lgs. n. 81/2008, alla luce del quale deve ritenersi che la stipula del contratto di affitto di ramo di azienda non esimesse il F.E. dalle responsabilità derivante dall’impiego dello strumento manomesso, rimanendo egli titolare di posizione di garanzia legata alla sicurezza di tale impiego; precisandosi, da ultimo, che “il profilo di colpa sussiste, dunque, non perché l’imputato fosse tenuto ad un controllo costante, anche dopo lo stipula del contratto di affitto di ramo di azienda del 17.1.2012, ma perché, essendo preesistente la manomissione, ha concesso in uso il tritacarne privo del presidio di sicurezza”.
Il profilo di erroneità, sul piano del diritto, scaturirebbe dalla ritenuta applicazione alla ipotesi dell’affitto di ramo di azienda della normativa di cui all’art. 72 d.lgs. n. 81/2008, la quale è però riservata all’ambito, oggettivamente diverso, della vendita, noleggio, concessione in uso o locazione finanziaria di macchine, apparecchi, utensili o attrezzature senza operatore.
Si tratterebbe di ipotesi diverse dall’affitto del ramo di azienda. La fondatezza di tale interpretazione troverebbe conforto nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 19416/12).
Si era evidenziato nell’atto di appello che, anche ammettendo l’applicabilità al caso in esame dell’art. 72 d.lgs. 81/2008, con addebito al ricorrente di non aver effettuato, al momento della stipula della nuova cessione, la verifica sulla rispondenza della “macchina Incriminata” ai requisiti di sicurezza, egualmente tate rimprovero sarebbe stato ingiustificato. Ciò in quanto il nuovo contratto prevedeva una sorta dì successione solo nominale nel precedente contratto dì affitto. Il P.D., precedente affittuario, continuava ad essere il gestore effettivo del ramo d’azienda riguardante la macelleria. Questa situazione dì sostanziale continuità Implicava che il locatore potesse ritenersi legittimamente esonerato dagli obblighi di preventiva verifica.
III) Violazione di legge in tema di accertamento della responsabilità colposa del F.E.; vizio di mancanza di motivazione emergente dal testo del provvedimento impugnato per l’omessa verifica della sussistenza del tegame causale tra l’asserita condotta colposa ascritta all’imputato e l’evento lesivo.
Il percorso di verifica delta connessione causale non avrebbe potuto prescindere da due circostanze.
La prima è riferibile al fatto che lo strumento pericoloso era stato affidato al P.D., che era già perfettamente a conoscenza dell’avvenuta pericolosa manomissione dell’apparato di sicurezza (peraltro immediatamente percepibile ictu oculi), avendo ammesso di essere stato lui stesso a manomettere l’apparecchio.

In secondo luogo i giudici avrebbero dovuto tenere conto che la ragione della manomissione era riconducibile alla impossibilità di lavorare con il presidio di sicurezza: pertanto, anche ove l’apparecchiatura fosse stata rilasciata integra al gestore, costui avrebbe egualmente provveduto a rimuovere la griglia di sicurezza.
IV) Manifesta illogicità detta motivazione in relazione alla giustificazione fornita in sentenza in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Diritto

1. I Giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno fornito una soddisfacente e logica motivazione in ordine alle cause dell’infortunio patito dalla persona offesa, alla violazione delle norme antinfortunistiche collegate alte modalità accertate dell’incidente, alla riferibilità di tali violazioni alla persone del ricorrente. Deve peraltro rilevarsi come il giudice del gravame di merito non sia tenuto a compiere un’esplicita analisi di tutte le deduzioni delle parti, né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente escluse le opposte deduzioni difensive, ancorchè non apertamente confutate (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, Rv. 27122701; Sez.2, n.9242 del 8/02/2013, Reggio, Rv. 25498801; Sez.6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701; Sez. 4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201; Sez.4, n.45126 del 6/11/2008, Ghìsellìni, Rv.24190701).
Pertanto, nel caso in esame, alla luce di tale orientamento, deve ritenersi che non rappresenti vizio censurabile in sede di legittimità l’omesso esame critico di tutte le questioni afferenti alle circostanze elencate dalla difesa, essendo desumibile dal complessivo contesto argomentativo la loro inconciliabilità con la ricostruzione offerta dalla Corte di merito.
Prima di andare oltre nella disamina delle doglianze difensive appare opportuno richiamare i passaggi più rilevanti della motivazione delta sentenza impugnata, nei quali sono contenuti gli elementi maggiormente significativi del ragionamento seguito dalla Corte di merito per addivenire all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
La Corte di appello ha ricordato come la società “A.” (di cui era associata in partecipazione I.MG.) avesse ricevuto in affitto il settore macelleria del supermercato “S.” (gestito dalla “F.E. s.n.c.”), in forza di un contratto, datato 17/1/2012, che sostituiva altro analogo contratto precedentemente stipulato con P.D., socio accomandante della “A. s.a.s.”.

Si evidenzia in sentenza come il P.D. avesse ammesso, nel corso della istruttoria dibattimentale, di avere provveduto, poco dopo aver preso in gestione il reparto macelleria, alla rimozione del presidio di sicurezza della macchina tritacarne. Tale circostanza, si legge in motivazione, pure escludendo la riferibilità al F.E. della materiale manomissione dell’apparecchio, non elide la sua responsabilità in ordine all’infortunio occorso alla persona offesa, essendo emerso che il F.E. ed il P.D. erano stati informati da C.M., addetto anziano al reparto di macelleria del supermercato, della situazione di pericolo derivante dall’utilizzo del tritacarne privato del dispositivo di protezione. Si evidenzia in motivazione come il F.E. dovesse ritenersi responsabile anche sotto altro profilo, avendo sottoscritto, al momento della stipula del contratto di affitto con la società A. , in data 17.1.2012, una dichiarazione in cui affermava che i beni facenti parte del ramo di azienda in affitto fossero in buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza ai fini della sicurezza, omettendo di verificare che quanto dichiarato corrispondesse a verità.
2. Tutto ciò premesso, quanto al primo motivo di ricorso, il fatto che il C.M. sia persona scarsamente attendibile, come ventilato dal ricorrente, è una deduzione della parte non supportata da elementi in grado di inficiare realmente il ragionamento seguito dai giudici di merito. Sul punto la Corte territoriale ha offerto puntuale risposta, evidenziando come non risultassero mai avviate indagini a carico del predetto e come egli non fosse mai stato investito di una funzione sovraordinata rispetto alla persona offesa, trattandosi di un dipendente al pari della L.R.. E’ stato ricavato da tali argomentazioni il convincimento della piena attendibilità del testimone, le cui dichiarazioni, si legge in motivazione, non hanno trovato smentita in elementi di segno contrario emersi nel corso dell’istruttoria.
3. Quanto al secondo motivo di ricorso, il giudice di primo grado e la Corte di appello hanno osservato che il ricorrente, proprietario delle attrezzature, avrebbe dovuto verificare la loro integrità e controllare che fossero conformi alla normativa di sicurezza prima di concederle in uso all’affittuario, adempimento non rispettato. Oltretutto la manomissione della piastra di sicurezza risultava di macroscopica evidenza ed il F.E. aveva attestato, all’atto della stipula del nuovo contratto, la regolarità dell’attrezzatura ceduta.
Ebbene, i dubbi prospettati dalla difesa circa la non conferenza del richiamo alla disposizione violata sono infondati.
L’art. 72 d.lgs 81/08(Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso) si applica, sulla base del dato testuale, a “chiunque” conceda in uso attrezzature di lavoro (la forma contrattuale con cui si realizza la concessione in uso è del tutto indifferente). Quindi non ci sono limitazioni nel senso indicato dalla difesa. Il precedente citato nel ricorso non è in termini poiché afferisce alla concessione in affitto di un’intera azienda.
A prescindere da tale specifica violazione, nel presente caso, sebbene il datore di lavoro sia il soggetto deputato naturalmente a rispondere delle lesioni patite dalla dipendente, avendo messo a disposizione e consentito l’utilizzo di un macchinario privo dei dispositivi di sicurezza, in base ai più generali principi che regolano la responsabilità a titolo di colpa, l’infortunio dovrà essere comunque addebitato anche al ricorrente, il quale, essendone proprietario, ha fornito al datore di lavoro il suddetto macchinario. Tale comportamento, adottato nella consapevolezza della mancanza del presidio di protezione ed accompagnato dalla dichiarazione della rispondenza al requisiti di sicurezza del macchinario, ha determinato l’esposizione a rischio della persona offesa ed il conseguente infortunio. Sul punto è chiaro il passaggio contenuto nella sentenza di primo grado, a pag. 11, in cui si evidenzia che l’infortunio occorso è comunque riconducibile a colpa generica del ricorrente, il quale, per imprudenza e negligenza, pur essendo a conoscenza della pericolosità intrinseca dell’apparecchiatura privata dei dispositivi di sicurezza, l’ha ceduta all’affittuario.
4. Gli ulteriori motivi sono parimenti infondati. La prospettata successione solo cartolare nell’affitto del ramo di azienda non trova riscontro in atti: si offre una interpretazione alternativa del fatti da cui la difesa fa dipendere le conseguenze favorevoli per l’assistito. Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che la parte ricorrente ha stipulato un nuovo contratto di affitto in data 7/1/2012, che ha sostituito il precedente.
La esistenza di una sorta di continuità nella gestione del reparto macelleria non esimeva il ricorrente dall’adottare il comportamento doveroso richiesto, esercitando il dovuto controllo sul macchinarlo ceduto al nuovo affittuario.
5. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche ha trovato adeguata giustificazione In motivazione (41. Non sussistono ragioni per la concessione delle circostanze attenuanti generiche: la gravità della colpa è notevole, essendosi consentito ad una persona assunta da pochissimi giorni, ancora in prova, di utilizzare un attrezzo reso estremamente pericoloso a causa della manomissione operata. A fronte di questi elementi, il generico riferimento al “corretto comportamento processuale” di F.E. appare del tutto irrilevante»). E’ d’uopo rammentare come il giudice di merito, nel valutare la concedibilità o meno del beneficio in esame, non abbia l’obbligo di prendere in considerazione tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti (cfr. sez. 3 n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136; sez. 2 n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534; n. 37670 del 18/06/2015, Rv. 264802; sez. 3 n. 35852 dell’11/05/2016, Rv. 267639).

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Fonte: CassazioneWeb

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